Secondo un′indagine condotta da McKinsey il 93% dei dirigenti dell′area supply chain intervistati nel 2020 aveva dichiarato di voler rendere le proprie filiere più flessibili, agili e resilienti.
Un anno dopo il 92% degli interpellati ha affermato di averlo fatto davvero, ma gli interventi attuati sono stati diversi rispetto a quelli immaginati.
Se nel 2021 la maggior parte delle aziende programmava di voler intervenire su più fronti (aumentando le scorte di prodotti, componenti e materiali e regionalizzando le forniture) la prova dei fatti ha mostrato che le azioni hanno riguardato perlopiù il primo aspetto.
La sintesi del report è che “Le aziende inizialmente avevano pianificato di aumentare il near-shoring dei fornitori per aumentare la resilienza, ma hanno finito per incrementare le scorte”.
Un ambito su cui questi due anni hanno inciso molto è inoltre quello della gestione del rischio, diventando una delle principali preoccupazioni delle aziende.
La maggior parte degli intervistati (95%) ha detto di avere al suo interno processi di questo tipo per gli approvvigionamenti e il 59% di averne approntati di nuovi negli ultimi 12 mesi.
La maggiore criticità, osservata anche dagli esperti di gestione del rischio, riguarda la mappatura relativa ai fornitori.
Secondo McKinsey, anche tra chi effettua un monitoraggio dei rischi della propria supply chain restano però alcune criticità.
Meno della metà degli intervistati conosce infatti l′ubicazione dei fornitori di primo livello e solo il 2% conosce quella dei supplier di secondo o ulteriore livello.
E′ indispensabile effettuare una mappatura adeguata al fine di limitare e minimizzare i rischi che potrebbero sorgere in caso di mancata fornitura.
Ricordiamo inoltre che aumentando le scorte di magazzino aumenta, in modo proporzionale, anche il valore dei beni contenuti in azienda.
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